E veniamo adesso al libro, che ho letto in inglese “Ghost Train to the Eastern Star”, di Paul Theroux. È un libro di viaggio. In un’estate, quella del 2020, in cui viaggio è quasi sinonimo di miraggio, mi sembra una scelta adatta: almeno proviamo a viaggiare con le ali della fantasia.

Paul Theroux deve la sua fama a un primo libro – The Great Railway Bazaar – che descrive un suo viaggio in treno da Londra a Tokyo e ritorno, nel 1975, passando per mille paesi e regioni, terminando con una lunghissima cavalcata sulla leggendaria Transiberiana. Il libro di oggi vede Theroux alle prese con lo stesso viaggio una trentina di anni dopo, sempre in treno tranne una breve tratta in aereo per evitare paesi a rischio di guerra civile.

Personalmente i libri di viaggi mi piacciono – ve ne accorgerete col tempo – e Theroux ha la rara abilità di descrivere i luoghi grazie alle conversazioni con la gente del posto: autisti, insegnanti, professori universitari, capitreno, altri viaggiatori e, soprattutto in questo libro, altri scrittori. Questi incontri, secondo me, già da soli valgono il libro. A Istanbul incontra Orhan Pamuk. In Sri Lanka riesce a farsi ricevere da Arthur C. Clarke – sì, quello di “2001: Odissea nello spazio”. Haruki Murakami lo accompagna in Giappone. A Nara, sempre in Giappone, Theroux ha come guida d’eccezione Pico Iyer, un altro scrittore di viaggi che prima o poi dovrò conoscere meglio. Theroux adesso è uno scrittore e un personaggio ben affermato, si muove con molta più rilassatezza e la scrittura denota meno ansietà, preoccupazioni e perplessità rispetto al Theroux di 30 anni prima. In altre parole, si percepisce che non è assillato dal pensiero fisso di dover portare a casa la pagnotta, e si gode di più il viaggio… e continua a nutrire un sano e motivato odio per Singapore!

Eppure, verso l’inizio del libro, Theroux sottolinea che per la tratta da Londra a Istanbul non vuole viaggiare con l’Orient Express. Non si tratta solo di prezzo del biglietto, ma un viaggio coccolato da lussi e agi non consente al viaggiatore di osservare, capire e sentire i luoghi che attraversa. Per questo lo apprezzo, è una questione di onestà verso noi lettori.

Un episodio che mi è piaciuto particolarmente è il ritorno allo stesso hotel in cui era stato anni prima a Pyin Oo Lwin (prima chiamata Maymyo) in Myanmar, il Candacraig, con i figli del proprietario immortalato nel primo libro che lo riconoscono e lo invitano per una serata insieme. Per Theroux è una specie di tregua dal ritmo serrato del viaggio e per noi lettori è facile immedesimarsi nella situazione. È sicuramente capitato a tutti: a volte un singolo episodio, qualche attimo passato insieme o un’emozione condivisa riescono a stabilire dei legami profondi e duraturi… e dopo tanti anni basta davvero poco per ritrovare la confidenza e l’intimità dei tempi passati. Theroux si sofferma sull’incontro, si percepisce chiaramente che è contento, soddisfatto, si sente come a casa anche se a migliaia di chilometri di distanza.

Per concludere, un libro da leggere per viaggiare attraverso luoghi, culture, paesaggi e città accompagnati dalle sagaci considerazioni di un osservatore attento e acuto. Io ho letto la versione in formato elettronico, consiglio di avere a portata di mano un atlante o almeno Google Maps aperto per seguire il percorso e riuscire ad apprezzare di più i commenti e le osservazioni di Theroux.